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Michele Sisto - Ragioni Pratiche

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Michele Sisto

Articoli

  • Rispetto agli altri due concetti-chiave della sua sociologia (habitus e capitale), il campo, l’ultimo arrivato, è senz’altro quello che riproduce meglio il significato della massima di Pierre Bourdieu: «il reale è relazionale». La comparsa del concetto di campo nell’elaborazione teorica bourdieusiana data al 1971, anno di pubblicazione di due saggi sulla genesi e la strutturazione dei sistemi di credenza a partire dalla teoria della religione di Max Weber (ora tradotti in Pierre Bourdieu, Il campo religioso. Con due esercizi, a cura di R. Alciati, E.R. Urciuoli, Torino, aAccademia University Press, 2012). A quarant’anni da quell’esordio, grazie al sostegno di due recenti progetti di ricerca finanziati dal MIUR, l’uno dedicato alla storia delle religioni nell’antichità mediterranea (Polarizzazioni e/o coabitazioni religiose nel mondo antico, I-VI secolo d.C.), l’altro alla ricezione della letteratura tedesca in Italia (Storia e mappe digitali della letteratura tedesca in Italia nel Novecento: editoria, campo letterario, interferenza), studiosi delle più diverse discipline si sono dati appuntamento all’Università di Torino per discutere di “campi”, di genesi e di logiche, di relazioni e di effetti di “campo”, e riflettere sulla funzionalità analitica di questo specifico strumento concettuale.

  • La ricezione italiana di autori come Uwe Johnson, Günter Grass, H. M. Enzensberger e Peter Weiss negli anni Sessanta passa attraverso il conflitto tra due divergenti visioni della letteratura, di cui sono rispettivamente portatrici le case editrici Einaudi e Feltrinelli. Pur occupando posizioni assai prossime nel campo editoriale e muovendosi entrambe all’interno di un orizzonte culturale marxista, l’Einaudi, fondata nel 1933, subisce la concorrenza della più giovane Feltrinelli (1955), che al paradigma della letteratura antifascista e neorealista oppone la sperimentazione avanguardistica del Gruppo 63. Analogamente i germanisti in forza nelle due case, Cesare Cases (classe 1920) ed Enrico Filippini (1934), selezionano all’interno della produzione letteraria di lingua tedesca gli autori e le opere più adatte a corroborare le rispettive linee editoriali, ovvero la loro visione del mondo e della letteratura.

  • Sono opere d’arte, i videogames? Oggi pochi risponderebbero di sì; i più troverebbero inopportuno perfino chiederselo, e nel migliore dei casi avanzerebbero riserve e distinguo. È probabile che un giorno leggeremo storie di questa ennesima arte nelle quali Pacman avrà il posto che nei volumi di Gian Piero Brunetta ha La sortie des ouvriers de l’usine Lumière, ma oggi il suo status è ancora incerto. Lo stesso accadeva al cinematografo all’inizio del XX secolo: a lungo, dopo il battesimo parigino del 1895, è considerato un mezzo di intrattenimento, volgare e asservito all’industria, e il suo posto è nelle fiere, accanto al benjaminiano Kaiserpanorama, al baraccone del tiro al bersaglio e al casotto dell’indovina. Perché il cinema venga “identificato” come arte saranno necessari – parallelamente alla febbrile attività interna al campo cinematografico in via di costituzione ad opera di registi, cineasti, produttori, riviste specializzate, associazioni di cinefili, festival e premi – almeno tre decenni di trasfusioni di capitale simbolico dall’esterno, da campi dotati di più consolidata autonomia e legittimità, come quello teatrale, musicale o delle arti figurative, nonché dallo Stato e dalle sue istituzioni.